Suggestivo e dalla marcata impronta cinematica si dipana “(for now we see) through a glass dimly”, quarto disco di Antonymes che spinge il minimalismo ambientale di Ian M. Hazeldine verso coordinate maggiormente inclini ad un respiro orchestrale e alla contaminazione con altre sonorità.
Il senso di malinconica desolazione, che è sempre presente nella produzione musicale e fotografica di Hazeldine, continua ad essere il perno attorno cui la narrazione si sviluppa, caratterizzando le abituali trame pianistiche che qui trovano completamento attraverso l’utilizzo di nuovi elementi. Tra le ariose aperture sinfoniche di “The lure of the land” e le tessiture cameristiche di “Towards tragedy and dissolution“ impreziosite dall’enfasi del suono degli archi, trovano spazio innesti vocali declinati secondo il canto etereo di “Elegy II” o l’ enfatico recitato di “Sixteen zero six fifteen” e “Little Emblems Of Eternity”, ma anche l’utilizzo di ulteriori strumenti quali la tromba, che si combina con eleganza alle melodie del pianoforte in “Fatal ambition”.
Il risultato di questa nuova direzione, che partendo dalla consolidata base narrativa ne amplifica la portata, è senza dubbio ricco di fascino e traccia una possibile ed interessante evoluzione nel percorso artistico del progetto Antonymes.