Uno sguardo rivolto lontano ad est verso terre che emanano un magnetico fascino ricco di mistero, i cui echi giungono a saturare una notturna quiete dominata dalla luce riverberante delle stelle. È dichiarato palesemente nel suo titolo ciò che ispira informa il nuovo lavoro di Alex Smalley sotto l’abituale alias Olan Mill.
“Orient” è un viaggio alla scoperta dello spirito che permea quei paesaggi lontani, plasmato attraverso dense modulazioni attraversate da grana fine che lentamente si espandono ad occupare ogni interstizio sensoriale. Il richiamo diviene a tratti evidente ed esplicito, soprattutto quando emergono dominanti melodie eteree di arpa (“Arpon”), linee vocali intrecciate in stratificazioni tra bassi riverberi e nenie cullanti (“Molanret”) o un solenne canto che si innalza tra le vaporose tessiture sintetiche (“Alve”)
È tutt’altro che monotona l’atmosfera che emana lungo i quaranta minuti dell’album, che fluisce passando da ruvide frequenze crepitanti (“Pladin”) a densità sognanti che si muovono sinuose (“Lapyia”) giungendo a trovare una sacralità vagamente caotica (“Ochang”).
Un percorso cangiante senza cali di intensità.