Un compresso e claustrofobico abisso dal quale si sprigionano le oscure sfaccettature di un animo isolato ed inquieto. È un nero caleidoscopio di tracciati obliqui e spesso divergenti quello modellato da Nina Hoppas per dare vita al suo nuovo lavoro breve sotto l’abituale pseudonimo Odio Sis, accidentato percorso attraverso stati d’animo tumultuosamente meditativi.
Ruvidi bordoni pervasi da pulsazioni frenetiche, spesso compenetrati a stralci vocali distorti e disorientanti, configurano spettrali elucubrazioni dall’incedere ossessivo alternandosi a deflagranti impennate rumorose cariche di frequenze distorte, il tutto a generare una lisergica deriva postmoderna ribollente e cangiante, densa di riferimenti derivanti dalle sperimentazioni dei decenni passati. Partendo dalla strisciante tensione di “Swell” e “Labyrinth” ci si ritrova così proiettati nelle vorticose spirali di “’Celui qui brule’” e “Thelxiope” fino a giungere ai profondi e fatali rintocchi della conclusiva “Kronos”.
Una sotterranea esplorazione dai tratti mutevoli intrisa di una costante ricerca di forme non convenzionali.
Intimismo tortuoso.