Proiettati verso l’infinito in cerca di nuove dense profondità da esplorare. Superata la vischiosa deriva onirica della sua estate invisibile, Paolo Monti rivolge il suo sguardo nuovamente verso territori siderali immensamente immaginifici, già sapientemente indagati attraverso le affascinanti trame di “Above”.
Un ritorno ad atmosfere colme di echi cosmici che si traduce nella definizione di due dilatate spirali gravitazionali originate da nuclei magnetici dall’incedere ipnoticamente circolare attorno a cui si condensano, stratificandosi, riverberi granulosi e risonanze vaporosamente solenni, libere di espandersi riecheggiando fino alla dissolvenza. Un crescendo permeato da una avvolgente luminosità che seguendo il moto ascensionale giunge a divenire abbagliante disgregazione del tracciato(“My Dear Elohim”) e che dopo un interlocutorio movimento orizzontale (“An Interstellar Handshake”) si tinge di intensa inquietudine plasmata dal propagarsi di toni gravi spinti da un algido soffio che gradualmente si perde generando un indeterminata scia il cui possibile approdo rimane irrisolto enigma.
Una navigazione intensa e totalizzante tra visionari paesaggi sensoriali.