Perso in una labirintica spirale di echi alienanti, alla ricerca di una via di fuga che diviene definitiva dissoluzione di una mente instabile. È un torrente tortuoso che muta costantemente forma e coordinate a definire il percorso narrativo del nuovo lavoro di Kurgan Hors, progetto sonoro di Davide Billo che torna a due anni di distanza dal debutto di “Palus est”.
Incastrate in una precaria scia pervasa da disturbante inquietudine, placide armonie dal tono malinconico e allucinate frequenze irradiantesi oblique si alternano combinandosi secondo schemi che mutuano le diverse fasi di un processo in divenire segnato da una logica incostante. Con inattesa coerenza si passa dalle iniziali elegiache trame pervase da risonanze acustiche profonde e movenze avvolgenti (“a tavola coi cannibali eleganti”) a modulazioni sempre più stridenti (“Psichiatria”, “sette piani”) fino a giungere ad un’indotta quiete di risonanze stagnanti (“lobotomia transorbitale”). Da qui si riparte tornando ad una vitalità nuova e definitivamente disorientante (“la seconda vita dello scarafaggio”) che lentamente scivola verso un nuovo plumbeo abisso (“fame di un disumano contemporaneo”), preludio dell’inevitabile muto isolamento di una notte senza fine (“Pazienza e morte”).
Storia di ordinaria follia