Un caleidoscopio di sensazioni plasmate secondo forme mutevoli, un universo risonante dai tratti sfuggenti e privo di margini definibili. Ad un anno di distanza dall’ottimo “Human Values Disappear” e dopo due lavori condivisi rispettivamente con Carlos Suero e Max Würden, Pepo Galán pubblica una nuova deriva sonica a propria esclusiva firma anche se non totalmente solitaria.
Sono diversi i nomi che appaiono lungo la sequenza di “Strange Parentheses”, in particolar quelli di Sita Ostheimer e Roger Robinson che per la prima volta introducono, in tre delle dieci tracce, contributi vocali a completamento delle trame del musicista spagnolo. Dopo la breve, ariosa apertura affidata ai luminosi e in parte sghembi arpeggi di “Harmony Fields Reverse”, tocca immediatamente alla Ostheimer lasciare deflagrare la novità del canto in quella “S a m o a”, che imperniata sui fraseggi pianistici di Sergio Díaz De Rojas e impreziosita dagli arrangiamenti di archi di Reyes Oteo e del trombone di Carlos Rodríguez ben presto si rivela come uno degli apici del disco. Da qui in poi i toni convergono verso atmosfere umbratili che riportano verso coordinate più consuete all’estro di Galán fino a ritrovare quell’aleggiare inquieto pervaso da striature ruvide nelle frequenze cariche di dramma della title track.
L’ipnotico incedere di “Barco Amor (Naufragio)” crea una nuova breccia che squarcia l’oscurità latente, apertura mesmerica che trova eco negli evanescenti riverberi di “Bleeding Eyes” prima di cedere il passo alle oblique frequenze di “High Seas Tempest” e giungere lentamente verso il sussurrato finale di “U Broke Me” costruito sull’enfatica interpretazione di Roger Robinson.
Una traiettoria narrativa sfaccettata e coinvolgente che segna una netta evoluzione nel percorso artistico di un musicista di talento in costante crescita.