
Istanti di infinita grazia che delicatamente si espandono, lievi carezze che danno conforto ad un cuore malinconico. È sufficiente un lasso di tempo brevissimo a Luca Longobardi per confezionare il suo miracoloso balsamo sonoro da donare a chi non rimane indifferente di fronte la bellezza, un quarto d’ora scarso capace di restituire l’eco di un animo musicale fecondo e virtuoso.
All’interno di questo scrigno troviamo tre gemme pianistiche, piccole ma estremamente luminose, tre danze di brillanti note ora gioiosamente torrenziali (“White sky”), poi fluidamente appassionate (“Small leaves”) ed infine profondamente nostalgiche (“Blue hands”), incastonate tra due intermezzi sintetici che col loro flebilmente ruvido dipanarsi creano contemplative pause che fanno risplendere con maggiore forza l’intensità delle tre melodie.
È un inno alla meraviglia semplice, al gesto immediato e privo di filtro che giunge inatteso e lascia senza fiato.