
Uno sguardo meditabondo che naviga attraverso paesaggi urbani che emergono misteriosi da una spessa nebbia portatrice di oscura inquietudine. A due anni di distanza dal primo capitolo, si rinnova il sodalizio tra Aidan Baker e Gareth Davis sfociando in un nuovo condiviso tragitto risonante che ancora una volta conduce i rispettivi percorsi artistici verso avvolgenti orizzonti intrisi di atmosferico sentore.
È un incastro saturo ed indissolubile a scaturire dall’interpolazione delle dilatate modulazioni chitarristiche del musicista canadese con le ammalianti trame armoniche disegnate dal clarinettista inglese, un’amalgama densa di evocativi riverberi, che disegna cinque espansi flussi narrativi riversantisi tra le pieghe di una notte senza fine. Un incedere placido, carico di penetrante tensione che si sprigiona da un dialogo cangiante in bilico tra sinuose traiettorie in lenta evoluzione permeate da sfumature noir e connubi più aspri tra le ruvide frequenze ascensionali di Baker e le liquide tessiture jazzy di Davis.
Una quieta peregrinazione in un allucinato universo in bianco e nero scandito dal virtuoso reiterarsi di seducenti contrasti minuziosamente plasmati.