
Un ruvido urlo generato dalla asfissiante inquietudine del vivere postmoderno. È un malessere estirpato dal profondo e tradotto in penetranti tessiture a dare forma al nuovo capitolo di Alder & Ash, personale progetto di Adrian Copeland che dà continuità ed espande una traiettoria sonica inaugurata alcuni anni fa attraverso due affascinanti lavori che ne evidenziavano l’inclinazione verso la ricerca di un personale lessico in bilico tra classicismo e sperimentazione.
Spingendo la sua esplorazione verso orizzonti sempre più accidentati e meno confortanti, il violoncellista canadese disegna un alienato universo sensoriale fatto di taglienti dissonanze e complesse progressioni che rendono vivide le spirali emozionali da cui scaturiscono. È suono estratto dallo strumento con furente pathos per divenire magmatico flusso che si trascina lasciando tracce indelebili, materico torrente nutrito da influssi stilistici eterogenei filtrati dalla vitale sensibilità di un artista pronto a donarsi interamente attraverso la sua scrittura.
Tra tese stagnazioni di dilatati riverberi e ipnotiche ascese di trame ritmiche incalzanti “The Crowneater” si dispiega crudele ed implacabile fino a divenire totalizzante distesa di suono che rapisce e trascina fino a riversarsi in un ultimo sommesso tumulto che chiude questa enfatica parabola risonante.