
In un amniotico oceano di suono che avvolge e protegge, immersi in un’oasi di assoluta pace. È un rifugio inespugnabile, una infrangibile bolla di benessere quella che prende forma attraverso il dilatarsi delle correnti plasmate da Luis Miehlich, un flusso sinuoso che scorre come una lunga carezza fatta all’anima.
Lievi e luminosi soffi sintetici si combinano a morbide risonanze acustiche generando meditative maree sensoriali da cui emergono flebili riverberi ambientali accentuando la generale armonia che si espande dal propagarsi delle frequenze sonore. Un equilibrio placido e accogliente, che si nutre di fragili arpeggi di chitarra e degli echi onirici della kalimba e non perde la sua natura quieta ed intimista neanche quando tutto si muove verso un’umbratile dissonanza (“1405”) o verso un andare essenziale e parzialmente accidentato (“3105”).
Ci si abbandona con disarmante semplicità a questi delicati scenari emozionali, trasportati verso orizzonti ammalianti che continuano a risuonare vividi ben oltre il dissolversi dei suoi ultimi rintocchi.