banished pills “failure”

[shimmering moods records]

cover

Un lento processo di dissoluzione le cui tappe si susseguono come un inesorabile sussurro pervaso di inquietudine. Abbandonando i processi di collaborazione che hanno segnato le sue più recenti pubblicazioni vedendolo affiancato ad Angelo Guido e Camilla Pisani, Edoardo Cammisa torna alla dimensione solitaria del suo tracciato in costante evoluzione.

È un vortice discendente fatto di suoni concreti, echi ambientali e plumbee frequenze dalle risonanze profonde a costruire questo nuovo itinerario firmato Banished Pills, graduale immersione in un personale territorio sensoriale impermeabile a qualsiasi infiltrazione emozionale esterna. A partire dalla flebile tempesta di screziature della title track si procede fino alla conclusiva alienante spirale di “Void” procedendo tra oscure modulazioni infrante da inattesi accenni melodici (“Thread”), l’ossessiva circolarità di reiterate fluttuazioni (“Absorption”), densi flussi vividamente materici (“Wane”, “Gloom”), soffi algidi (“Edge”) e silenzi taglienti (“Moth”).

Quel che prende forma dall’incedere di questi otto frammenti è un urlo soffocato destinato a rimanere inascoltata confessione di un animo in tumulto.

 

banished pills & camilla pisani “lithium salt”

[sounds against humanity]

cover

Un lento sprofondare nei meandri di una mente instabile in graduale allontanamento dalla realtà contingente. È una discesa in un insondabile e allucinato abisso senza fine il viaggio sonico che vede collaborare Edoardo Cammisa aka Banished Pills e Camilla Pisani, un’oscura deriva attraverso nebbiosi territori in indissolubile espansione.

Emergendo da impercettibili soffi di sottile polvere crepitante, vaporosi droni si dilatano scivolando su ruvidi fondali di frammenti irregolari che modulano un incedere altrimenti incline ad una stasi quasi assoluta. È una cortina algida ed impenetrabile quella originata dalle due tracce che riempiono il primo lato del nastro, un saturo aleggiare di oblique visioni conducenti lungo i bordi di un universo fatto di disturbante, dominante inquietudine. Una sensazione incombente che si ripercuote amplificandosi anche nell’unico capitolo che informa la seconda parte del lavoro, lunga scia strutturata secondo movimenti in parziale mutamento che conferiscono maggiore dinamismo alle dense saturazioni di un acido viaggio attraverso i distopici paesaggi di un universo in dissoluzione.

 

meanwhile.in.texas & banished pills “blank ritual”

[fuck labels//fuck mastering]

a3863549863_10

Dense nebbie sciamaniche che si espandono a formare immagini imperscrutabili. Rapiti dal fascino di riti antichi, Angelo Guido ed Edoardo Cammisa combinano il loro estro alla ricerca di una concretizzazione sonora di evanescenti visioni legate alla mitologia del mondo azteco.

Le due tracce di questa breve incursione nel simbolico universo precolombiano si nutrono dei persistenti vapori lisergici di saturazioni asfissianti, che aleggiano ossessive generando possibili varchi verso proiezioni immaginifiche. Si fondono in coesa unità le oscure vibrazioni delle derive di meanwhile.in.texas e la liquida evanescenza delle risonanze di Banished Pills, dando vita a dilatate sequenze che intrecciano tensione e mistero in orizzontali fluttuazioni che soltanto in fondo a “Quetzalcoatl” si dischiudono verso un apice parzialmente deflagrante.

Riuscito tentativo di possibili collaborazioni future dal respiro più ampio.

 

banished pills “patterns of life”

[cathedral transmissions]

cover.jpg

In sospeso, alla ricerca del senso profondo dell’esistenza. È un’immersione profonda e totalizzante quella proposta da Edoardo Cammisa aka Banished Pills nel suo nuovo lavoro, un viaggio attraverso un universo denso ed instabile che prova a restituire l’alternanza delle sensazioni che scandiscono lo scorrere dei giorni.

Questo percorso interiore si snoda assecondando i ritmi lenti e dilatati che hanno condotto alla sua definizione, traducendosi in cinque lunghe tracce che si espandono prive di qualsivoglia struttura confinante, riversandosi l’una nell’altra a generare un movimento continuo e avvolgente che concede di riemergere solamente durante le brevi interruzioni che segnano il passaggio da un capitolo al successivo.

I bordoni plasmati disegnano una sequenza cangiante di atmosfere che da una placida e quasi intaccabile calda persistenza (“Floating”) virano verso una strisciante vena di inquietudine scandita da ruvide frequenze (“Beyond”), per poi tornare ad un flusso più compatto e luminoso (“Existence”) prima di convergere verso una definitiva maggiore oscurità, una crepitante spirale discendente (“Defyng”) che sfocia in un vischioso mare plumbeo (“Your apocalypse”).

Un lavoro ambizioso, un racconto coeso modulato da minute variazioni ingeneranti la necessaria tensione emotiva.

banished pills “a pill for your heartaches”

[deadtapes]

cover.jpg

Immersi nella vividezza del sogno lucido, erranti lungo il sottile confine tra la veglia e il sonno. Ogni tocco risuona concreto e presente, eppure sembra giungere da una lontananza sfuggente. Si muove lungo questo fragile margine la liquida plasticità del lavoro di Edoardo Cammisa aka Banished Pills, raccolta di eterei frammenti volti alla conquista di un momentaneo stato di sospensione nel quale sciogliere ogni tensione.

Avvolgenti persistenze sintetiche si espandono vaporose combinandosi a naturalistiche tracce ambientali capaci di generare oasi di placida quiete in cui perdersi senza alcuna riserva. Fluttuazioni accoglienti scandite dal suono rassicurante dell’acqua (“Waterdrops vibes”) o dal canto melodioso degli uccelli (“Under one leaf”, “Endless green”). Tra le pieghe di questa dimensione onirica compaiono brevi schegge di inquietudine che ostinatamente riportano alle dense ombre della realtà (“Underwater dancing”, “Away”) prima di spegnersi in una definita cullante astrazione che segna il punto di resa (“An helpful lullaby”).

Che l’illusione abbia inizio.

Edoardo Cammisa   “io_u​,​E”

[Sublime Retreat]

Un abisso enigmatico di suono denso e penetrante. A quasi due anni da “Flux” Edoardo Cammisa sceglie di rinunciare ancora una volta al suo alias Banished Pills – a cui affida le sue proposte più emozionali e accattivanti – per proporre una nuova esplorazione improntata ad una dimensione d’ascolto immersiva e totalizzante.

Una brevissima scheggia di corrente tagliente dallo sviluppo fulmineo introduce un percorso bipartito fatto di modulazioni sommesse estratte da synth analogici, campioni e risonanze ambientali. È suono saturo in lenta ma costante evoluzione da cui ha origine una spirale discendente oscura ed inquietante. Riverberi spettrali rimbalzano  su un muro di droni spessi attraversati da frequenze ruvide disegnando uno scenario introverso, rappresentazione di un animo che riflette su se stesso. Nel secondo segmento le presenze si fanno più nitide anche se i contorni dei campioni rimangono labili come a simulare tracce di memorie sepolte che parzialmente riaffiorano. Il fondale si fa man mano più silente e algido rimandando a tratti ai paesaggi minimi di Thomas Köner. Ne scaturisce un itinerario ambientale isolazionista dai tratti ipnotici, un vortice sonoro ben delineato da un autore capace di dimostrare una crescente acquisita consapevolezza.

Edoardo Cammisa “Flux”

[LINE]

Una graduale immersione in un profondo e riverberante nulla. Temporaneamente dismesso lo pseudonimo Banished Pills a cui affida le sue derive più intime ed emozionali, Edoardo Cammisa sceglie il proprio nome per introduci nel suo personale percorso di ricerca, proponendo un suggestivo itinerario sonico che ha come principale intento quello di invitare ad un ascolto attivo e partecipato.

Plasmato attraverso una materica sequenza di risonanze ambientali, catturate utilizzando diverse tipologie di microfoni, a cui si sommano rumori autonomamente estratti da nastri e generatori di onde, il lungo e sussurrato tracciato si sviluppa quale evocativo canovaccio a cui a ciascun fruitore è richiesto di aggiungere immagini e suggestioni derivanti dall’interpolazione dei rumori che casualmente interferiranno durante la navigazione. Quel che viene offerto è un viaggio volutamente indefinito a cui si viene preparati dai quasi nove minuti introduttivi di “Towards A Flux”, ruvido ed irregolare prologo che proietta verso il vero e proprio nucleo narrativo fatto di sature frequenze dall’incedere placido e profondamente ipnotico.

Abbandonandosi al flusso, l’obiettivo è quello di raggiungere una vera e propria trance di origine auditiva che si tramuti in peregrinazione sensoriale capace di dare forma e consistenza ad un vuoto quanto mai denso e vitale.

various artists “studies on regression of organic substances and sounds”

[sounds against humanity]

cover.jpg

Quattro istantanee di organismi viventi che fungono da stimolo creativo, dodici traduzioni sonore derivanti. È un caleidoscopio di visioni differenti che recano i tratti peculiari di ciascun autore la raccolta curata da Sounds Against Humanity, cangiante itinerario sinestetico ispirato dalle feconde astrazioni suggerite dalle immagini di muffe e batteri.

Seguendo ognuno la logica delle proprie coordinate artistiche, gli autori chiamati in causa plasmano un irregolare flusso sonico che ha nel suo costante portato  immaginifico il punto di coesione capace di fondere restituzioni basate su variazioni cromatiche, dinamismo, alternanza luminosa e matericità.

Con fluida leggerezza si passa così dall’abbagliante traslucenza delle solenni trame di Giulio Aldinucci, a cui spetta il compito di aprire le danze, alla fluttuazioni oblique percorse da melodie sinuose di Mothell, dai palpiti profondi e finemente intarsiati di sottile grana di MonoLogue all’oscura spirale ipnotica disegnata da Vivien Le Fay e Sergio Albano. Alle nervose ed instabili scie allucinate del duo formato da Banished Pills e Camilla Pisani fanno eco le persistenti trame analogiche di Carlo Giustini, mentre alla distorta e densa elettricità di meanwhile.in.texas che si diluisce in una placida deriva acida segue il ribollente micro cosmo di frammenti elettroacustici cesellati in combinazioni sghembe e stranianti di Dramavinile; tessiture cullanti di stille rilucenti a cui si sommano pulsazioni mesmerizzanti informano lo sguardo condiviso da Tacet Tacet Tacet e 52-Hearts Whale così come riverberi luminosi confluenti in un indissolubile soffio ruvido emergono dall’immaginario di Rooms Delayed. A chiudere questa lunga, affascinante deriva troviamo l’alienante vortice di convulse frequenze stridenti di Skag Arcade che si spegne cedendo il passo alla dinamica vitalità delle interazioni ambientali/sintetiche modulate da Gianluca Favaron.

Un viaggio suggestivo che ha tra l’altro il merito di presentare riunite in un unico contesto le variabili di un universo proficuamente sfaccettato.

various artists “acquainted with passing clouds”

[triple moon records]

a2392218326_10.jpg

 

Una finestra aperta su una ampia veduta in perenne mutazione. Offre una tavolozza di soluzioni quanto più variegata ed espansa la raccolta curata dalla francese Triple Moon Records, frutto di una call for artists a cui hanno aderito un lotto di talentuosi artisti, alcuni agli inizi e altri con già alle spalle un nutrito numero di pubblicazioni. Pur muovendosi lungo atmosfere compatibili, le tracce pervenute e confluite nel lavoro presentano un’eterogeneità di approccio e risultato che rendono “Acquainted with passing clouds” un’esplorazione affascinante priva di ridondanti sovrapposizioni.

Si comincia con i Morose che aprono il viaggio con le loro acustiche trame cariche di crepuscolare mistero a cui si contrappone l’inquieta elettricità in crescendo deflagrante delle dense e affilate chitarre di meanwhile.in.texas, che sciogliendosi nel finale si riversano nei ruvidi palpiti di “Medioevo” , traccia firmata da Stefano De Ponti ed Emanuele Magni, le cui profonde ombre vengono parzialmente dissipate da lame di violenta luce. Banished Pills ci conduce al cospetto di un placido mare notturno striato da lievi increspature lasciando dominare un’assenza cancellata dalla vibrante vitalità attraversata da destabilizzanti frequenze sintetiche di “Prologo” del duo Alessandro Rizzo e Mario Lino Stancati. Un coinvolgente pathos e una ruvida solennità si irradia dalle tessiture plasmate da Dyb, mentre Bruno Pezer disegna persistenze in espansione sulle quali scorre un soffio algido che lascia trapelare una crescente tensione che giunge al suo apice nella crepitante deriva dai toni sotterranei  di “So it was done” di Ben Rath. Una morbida luminosità accogliente arriva dai caldi arpeggi della chitarra di David Newlyn, frangente subito archiviato quando salgono in cattedra le convulse ed irregolari armonie dei Gamardah Fungus, a cui fa seguito la stasi di “Viridian” di Tim Rowe che si accoppia perfettamente alla sacrale aura della traccia composta da Day Before Us che ancora una volta accoglie l’eterea vocalità di Natalya Romashina. La chiusura di questo caleidoscopico incedere è affidata alle modulazioni oniriche ed avvolgenti scolpite da Nicola Fornasari aka Xu e Vincenzo Fornasaro sotto l’abituale alias Rooms Delayed.

Da attraversare tutto d’un fiato fino in fondo.