
Autore attivo in numerosi campi artistici, Benjamin Finger si è rapidamente segnalato come produttore poliedrico capace di alternare itinerari profondamente diversi, a tratti divergenti. In questo nuovo lavoro uscito per la label inglese Whitelabrecs il musicista norvegese converge ancora una volta verso territori atmosferici contraddistinti da una marcata propensione alla sperimentazione elettroacustica.
Dalla combinazione di scie droniche di chitarra effettata, synth lucenti, sparuti field recording ed trame vocali eterogenee, prendono forma undici tracciati incentrati sulla memoria, l’isolamento e il senso di perdita. Aderendo al portato emozionale dell’attualità pandemica, Finger costruisce paesaggi hauntologici che alternano toni e atmosfere cangianti. Accomunati da questo portato comune scorrono tracciati innestati su frequenze armoniche malinconicamente contemplative (“Voice Frames”, “Time Gesture”), modulazioni rarefatte a cui il canto diafano di Inga-Lill Farstad conferiscono un’impronta di solennità (“Captured Past”) e delicate reiterazioni melodiche pervase da leggere stille pianistiche (“Memory Path”). Nella seconda parte del percorso trovano spazio frangenti sempre più oscuri percorsi da fremiti ruvidi (“Suspense Act”, “Fragments Care”), proiettati verso scenari irregolari, quasi dissonanti (“Brighter Mind”) che si spengono gradualmente in un obliquo mare in dissolvenza (“Forlorn Loss”).
Una sequenza di istantanee distorte come scene di vita recuperate dall’universo sbiadito dei ricordi, immagini perfettamente rappresentate dalla foto enigmatica scattata dallo stesso Finger con una Kodak analogica che campeggia sulla copertina del disco.