kurgan hors “palus est”

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Una nebbia densa che lascia tutto indistinto ammantando le sensazioni ancor prima dei sensi, una lenta peregrinazione attraverso dilatati paesaggi crepuscolari. È avvolto da un costante senso di mistero il flusso definito dai cinque movimenti di “Palus est”, enigmatico come l’autore che si cela dietro lo pseudonimo Kurgan Hors.

Colonna sonora di una storia non ancora scritta, la narrazione conduce attraverso scorci di un nord-est paludoso dai toni crepuscolari e vagamente inquietanti definiti da tessiture elettro-acustiche  riverberanti in costante espansione che non lasciano spazio ad alcuna pausa con la loro densita. Soltanto nel capitolo finale di “Via Imperialis” le atmosfere gradualmente si distendono aprendosi verso spiragli luminosi più caldi e avvolgenti che chiudono il lavoro con una nota positiva e confortante.

Il racconto immaginato da Kurgan Hors sarà ancora da scrivere, ma di certo è già ricco di immagini vivide e definite.

covarino/incorvaia “perugia”

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Niente trucchi, niente correzioni, ma affidarsi soltanto ad una sintonia rapidamente ritrovata malgrado una lunga essenza. Sono questi i presupposti dai quali nasce l’opera prima del duo formato dal percussionista Francesco Covarino e dal chitarrista Alessandro Incorvaia, ritrovatosi dopo 14 anni a suonare di nuovo insieme nella loro Perugia.

Le cinque tracce che compongono il disco, pubblicato dall’inglese Preserved  Sound, sono dialoghi tesi e serrati fatti di fitte improvvisazioni su strutture cangianti che variano dalle ossessive spirali in crescendo di “#1” e “#3” fino ai placidi e malinconici intrecci della conclusiva “#6”, passando attraverso le trame più libere e destrutturate di “#2” e dalla breve ariosa solarità di “#5”. Le atmosfere delineate rimandano a sonorità degli anni 90, in particolar modo al post rock di band di culto quali i Tortoise, che qui si arricchiscono di una componente ambientale che ne espande il lessico e che si arricchisce di ulteriori sfumature grazie agli innesti di basso e lap steel  di Marcos Muniz e di contrabbasso di Alfonso Alcalà.

Scorrono veloci i quaranta minuti di “Perugia” col loro carico di ispirazione feconda e quel senso di freschezza e libertà che contraddistingue la musica che nasce dalla passione profonda.

day before us “nihil interit”

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Evocativo e permeato da una persistente aura di sacralità, il nuovo lavoro firmato Day Before Us e pubblicato dalla Rage In Eden, prosegue lungo il tracciato indicato dall’e.p. “Enlightening secrecy” risalente alla scorsa primavera. Philippe Blache rinnova ancora una volta e rinforza il suo sodalizio con Natalya Romashina, la cui voce è sempre più elemento fondamentale attorno a cui si costruisce la narrazione sonora.

I versi scritti dall’artista russa si compenetrano alle trame di Blache, che pur conservando sprazzi di oscure modulazioni droniche screziate da grana fine ( “Saint of Grief”, “Vigils of Time”e soprattutto nell’atmosferica ed oscura “In Igne purgatorio”), virano sempre più verso malinconiche e solenni aperture orchestrali. La voce della Romashina attraversa le tessiture fluendo in un dolce e vellutato canto (“Zatvornik”, “L’Aile Du Soir”) o alternandolo a declamazioni dall’accentuato lirismo che conferiscono maggiore drammaticità ai brani (“Per Aspera Ad Astra”).

Malgrado la sfaccettatura delle variegate soluzioni presenti il disco scorre in modo coeso e unitario fino all’etereo finale di “Nihil Interit” che con le sue morbide stratificazioni chiude il viaggio all’insegna di una inaspettata dimensione di narrativa quiete.

cétieu “parallel realities”

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Una breve fuga attraverso universi paralleli che lentamente e solo parzialmente si disvelano.

Si condensa in due tracce il nuovo breve lavoro pubblicato da Tekla Mrozowicka sotto il suo abituale pseudonimo cétieu. Ad introdurci in questa fugace ma intensa esplorazione troviamo le caldi e dense dilatazioni droniche di “utopia”, una piccola reverie che negli istanti conclusivi converge lievemente verso atmosfere più misteriose e meno confortevoli. Queste sensazioni  vengono pienamente esplorate nei nove minuti della title track, tracciato persistente in fine modulazione su cui si avvolgono frequenze siderali a scandire un flusso che sembra voler durare in eterno.

Cesellato con cura, “parallel realities” è una piccola escursione attraverso fluidi mondi immaginari che ci piacerebbe indagare in modo più esteso.

chihei hatakeyama “above the desert”

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Stratificazioni eteree in lento e costante mutamento che si espandono al di sopra di un muto paesaggio senza confini plasmando gradualmente un vivido cielo immaginario. Composto e registrato in un seminterrato, il nuovo lavoro di Chihei Hatakeyama  per la russa Dronarivm dipinge attraverso suoni vaporosi e riverberanti  le sensazioni legate a scorci profondamente antitetici rispetto all’ambiente fisico in cui sono stati prodotti.

Le morbide modulazioni create dall’artista giapponese, pur mantenendo immutata la materia di cui si compongono, si riconfigurano gradualmente senza soluzione di continuità assumendo forme differenti come leggeri ed evanescenti banchi di nuvole immersi in una luce accecante. Dalle crepuscolari tessiture di “Moon in the dust” fino alle solenni e sconfinate trame della lunga conclusiva “The tower of Babel” si attraversano quieti spaccati narrativi declinati attraverso calde e sinuose persistenze (“Scarlet stone”, “A placid mountain lake”), frequenze più profonde e stagnanti (“Twilight glow”) o tenui spirali in espansione (“Wind in mind”) che compongono un emozionale flusso sognante dalla forte valenza cinematica.

stefano pasqualin “notturni”

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È un generatore di riflessioni e divagazioni il silenzio che si espande a riempire la notte, una quiete che si insinua lentamente conducendo verso percorsi interiori tortuosi ed inesplorati. Nessuna apparente  scossa, nessun evento al di fuori del comune. Solamente una lenta immersione nella propria inesplicabile essenza. È da un tale presupposto che prendono forma i quattro bozzetti cesellati da Stefano Pasqualin e pubblicati da Laverna.net.

“Notturni” costruisce una breve ed intensa peregrinazione attraverso i ricordi di luoghi e momenti che diventano punto di partenza per indagare differenti percezioni emotive attraverso la loro traduzione in suono. Persistente è il senso di rarefazione definito dai molteplici flussi che si strutturano secondo trame più essenziali e riverberanti  che accolgono sporadici frammenti melodici (“alba dopo la disco”) o si sviluppano in dense trame in lenta espansione dal carattere maggiormente descrittivo (“il mondo dalla collina di sherwood festival”, “notte al lago”) fino a giungere alla costruzione di oscure e avvolgenti spirali in costante mutazione (“le dinamiche del fumo nella mia stanza male illuminata”).

È un lavoro da assorbire lentamente, assaporandone inediti dettagli e sfumature che emergono gradualmente ad ogni nuovo ascolto. In attesa che ritorni l’alba.

http://www.laverna.net/releases/Lav71.html

aa.vv. “tiny portraits – small renderings of place in memory” #4

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È un’esplorazione circoscritta quella proposta  dal quarto capitolo della serie Tiny Portraits curata dalla Flaming Pines. Dopo le tappe distanti sul globo raccolte nella pubblicazione precedente, la label australiana concentra la propria attenzione su un unico paese, la Svezia, raccontato attraverso quattro mappature modellate da tre artisti da lì provenienti (Dag Rosenqvist, Peter Olsen e Tobias Hellqvist) e da un’altra che lì ha trascorso la scorsa estate (Kate Carr).

Dag Rosenqvist ci conduce attraverso “Keillers Park” alla scoperta di uno scorcio dell’isola di Hisingen e lo fa strutturando un emozionale percorso che emerge lentamente da un fondale ruvido per giungere alla malinconica apertura melodica scandita da minimali fraseggi di piano. Decisamente più narrativa è la traccia proposta da Kate Carr che attraverso riprese ambientali e riverberanti modulazioni traduce in suono le liquide e sognanti sensazioni derivanti dalle sue escursioni in un bosco nei dintorni di Falun.

Suggestioni acquatiche sono l’essenza anche del microcosmo di suoni profondi e multiformi screziature forgiato da Peter Olsen per dare vivida concretezza ad un luogo a lui caro ormai irrimediabilmente trasformato. Il vaporoso racconto di Tobias Hellqvist all’insegna di eteree e luminose persistenze scandite da flebili detriti in filigrana ci conduce nel giardino della casa dei suoi genitori a Svedala  per assaporare un’alba densa di ricordi d’infanzia.

È certamente fin qui la tappa più coesa della serie, che malgrado le differenze stilistiche dei suoi autori è composta da paesaggi sonori che hanno in comune un senso di nostalgia e un tocco di magico mistero.

stijn hüwels/norihito suda “sleep, shared”

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Un lungo e vaporoso notturno in due parti modellato a quattro mani. Ha una storia circolare la nuova pubblicazione curata dalla tape label belga dauw che riunisce il connazionale Stijn Hüwels e Norihito Suda.

Invitato a partecipare alla quarta edizione della serie Silent Night organizzata dalla Genot Centre, Hüwels ha sviluppato il suo set a partire da un loop dell’artista giapponese. Il flusso risultante di quella serata rappresenta il contenuto del primo lato del nastro, una dilatata e morbida suite dall’incedere ipnotico densa di sognanti tessiture che a partire dalle iniziali ruvide frequenze lentamente si espandono fino a divenire dominanti prima di dissolversi nel silenzioso finale.

A chiusura dell’atipica esperienza  collaborativa il musicista belga ha chiesto a Norihito Suda di rielaborare la lunga traccia, generando una versione alternativa di uguale durata che occupa il secondo lato del nastro. I quaranta minuti rimodulati si dipanano su un impianto similare che mantiene lo sviluppo persistente qui declinato attraverso modulazioni più nervose permeate di grana fine che tendono a continuare a propagarsi fino alla conclusione del brano.

Una condivisione interessante che dimostra come le differenti sensibilità possano agire su un’idea condivisa generando suggestioni al tempo stesso differenti ma assolutamente coerenti.

nhung nguyen “nostalgia”

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Malinconiche melodie che conducono nostalgicamente indietro nel tempo per riassaporare sfocate emozioni custodite nella memoria. Ancora una volta Nhung Nguyen  abbandona il suo abituale pseudonimo Sound Awakener  per condurci attraverso la sua espressione sonora più intima e rarefatta.

Generate a partire da due lunghe improvvisazioni pianistiche rimodellate e ricomposte, le cinque tracce che compongono “Nostalgia” sono un delicato viaggio all’insegna di emozionali trame declinate attraverso coordinate cangianti che spaziano dall’essenziale e diretto pianismo di “Warmth” fino alle modulazioni ipnoticamente dilatate e screziate da frequenze stridenti della conclusiva “Fragile”. Melodie, riprese ambientali e innesti sintetici si fondono costruendo una sequenza di vividi e vaporosi bozzetti intrisi di un calore avvolgente dal quale lasciarsi cullare.

heptachord “heptachord”

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È il sapore del Mediterraneo, la sua luce ed il suo avvolgente calore, ciò che si sprigiona dalle melodie che segnano il debutto discografico della coppia Alessandro Blanco / Nicola Mogavero sotto la sigla  Heptachord. Un incontro musicale inconsueto quello tra la chitarra del messinese Blanco e il sassofono soprano del palermitano Mogavero, nuovo strano connubio che approda sul catalogo della siciliana Almendra Music.

Nasce da un’intensa innanzitutto umana la voglia di consolidare questo progetto nato nel 2009, un’affinità che ha condotto ad una preziosa sintesi tra due strumenti difficili da accostare. Per raggiungere l’efficace equilibrio tra le parti, che costante si mantiene lungo la mezz’ora del lavoro, fondamentale è stata la scelta delle partiture da eseguire.  La prima parte del disco  contiene “Grottapinta, Op. 200”, composizione in due parti di Dimitri Nicolau, una leggera e avvolgente danza  che esalta il serrato dialogo tra le parti coinvolte in un botta e risposta senza pause che viene esaltato dai battiti che scandiscono “II Summer’s dance”. Alle calde e dinamiche atmosfere della partitura del compositore di origine greca perfettamente si accostano le appassionate tessiture scritte da Melo Mafali appositamente per questo progetto. Ispirata alla nera isola delle Eolie, “Trittico di Vulcano” continua ad esaltare la profonda sinergia tra i due musicisti attraverso le sue trame avvolgenti il cui pathos viene enfatizzato dai fraseggi del sassofono e arricchito dalla ampia e variegata tavolozza di suoni cesellati dalla chitarra.

Un’escursione affascinante attraverso scorci vividi e pulsanti, un esperimento pienamente riuscito.