
Uno sguardo che si libra verso orizzonti distanti ed inafferrabili assaporando una limpido senso di libertà nel quale trovare rifugio. Prosegue ad esplorare pulsanti ambiti elettronici Fabio Orsi in “Tre giorni e un mattino d’estate” e lo fa plasmando quattro dilatate sequenze in fluido divenire.
Accomunate da una struttura similare che vede sommarsi gradualmente atmosferiche modulazioni ambientali e reiterati battiti fino a definire ostinate fughe sensoriali, le lunghe traiettorie disegnate dal musicista pugliese si rivelano quali avvolgenti spirali sintetiche in cui immergersi abbandonandosi ad un fluire morbido eppure totalizzante. È uno scorrere ipnotico e incalzante, dall’incedere spesso liquido e lineare, ma che sa attraversare ugualmente territori accidentati segnati da ritmi irregolari (“Smarrita distanza”) o diluirsi in atmosfere che rasentano panorami siderali (“Andiamo via”).
Un lungo viaggio sonico in un indefinito spazio temporale.