Chelidon Frame “A Desert Displays”

[Sounds Against Humanity]

Tra i freddi vapori di un eterno inverno, la sagoma di un vecchio edificio dismesso mostra imperturbabile i segni del tempo trascorso. C’è un fervido immaginario racchiuso nell’immagine di copertina del nuovo itinerario plasmato da Alessio Premoli sotto l’abituale alias Chelidon Frame, una storia possibile a cui il suono conferisce avvertibile ed enigmatica forma.

Tre scene dalla struttura dissimile e di diversa durata configurano una coesa ambientazione che ha nel suo tono notturno e nella sua indissolubile algidità la costante. Il suono scolpito da Premoli ne disegna i bordi, ne definisce i dettagli in modo minuzioso attraverso graduali accumulazioni di risonanze in costante riconfigurazione, che senza tregua si muovono su saturi fondali dronici. È un emergere lento di presenze indefinite, entità oscure che popolano sogni inquieti avanzando tra minacciose nebbie scandite da incalzanti pulsazioni o improvvisamente catturati da convulse correnti rumorose.

Dal susseguirsi di un’espansa trama cinematica (“A Moth is Dreaming on the Wall”), una breve attesa gravida di penetrante tensione (“And Numbers are Mortal “) e un’irregolare traiettoria conclusiva (“Ararat (Lies Askew)”) quel che scaturisce è un’evocativa deriva attraverso un paesaggio greve e desolato.

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