Bruno Sanfilippo “Ver Sacrum”

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Trame melodiche pervase da profondo intimismo, tessute con eleganza sulla tastiera del pianoforte. È questa l’immagine a cui – a ragione – viene associato il profilo artistico di Bruno Sanfilippo, una pratica neoclassica fatta di emozione e perizia esecutiva, sviluppata spesso in totale solitudine. Eppure Redes, pubblicato lo scorso autunno, sfuggiva in parte a questo assunto presentandoci il musicista argentino di base a Barcellona in una veste marcatamente ibrida alle prese con modulazioni sintetiche calde profondamente intersecate al suo abituale pianismo.

Ver Sacrum, la sua opera più recente, definisce un ulteriore scarto mettendo definitivamente in secondo piano lo strumento d’elezione a favore di una coralità orchestrale – sperimentata già nell’ottimo Unity prodotto per Dronarivm – che affida alla sacralità dell’organo, alle qualità struggenti degli archi e al toccante contributo della voce la sua piena espressione. Sanfilippo qui è innanzitutto compositore – malgrado esegua personalmente quasi ogni partitura – regista di una suite in nove movimenti che presenta l’alternanza dei sentimenti dell’uomo mutuati dal rituale arcaico della Primavera Sacra, celebrazione atta a propiziare il superamento di un momento di difficoltà attraverso un processo di distacco e nuova fondazione.

Sacred Spring ne dipinge l’aura solenne con le sue armonie gravi, Camerinum mette in risalto il contributo fondamentale del canto lirico, mentre The Children’s Ceremony – sospinta dalla voce cristallina del violino di Laura Masotto e dalla controparte profonda offerta dal violoncello di Antonio Cortesi – offre l’immagine di speranza luminosa connesso al rito, rimandando alle pagine più briose del capolavoro vivaldiano.  Spetta a Numen ricondurci parzialmente verso scenari più essenziali e a Superstition segnare l’apice di solennità di un lavoro che affascina e commuove senza sosta in ogni suo passaggio.  

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