Presenze spettrali che emergono da profondità ancestrali evocate dall’ossessivo incedere di un rito dagli echi tribali. È un universo immaginifico denso di suggestioni sfuggenti quello plasmato dai cinque capitoli del nuovo album firmato Dream Weapon Ritual, progetto sonoro di Simon Balestrazzi e Monica Serra che torna dopo uno iato lungo tre anni.
Ad aprire questa ipnotica immersione in bilico tra insondabili misteri di un tempo remoto e la tagliente algidità di paesaggi postmoderni in dissoluzione troviamo la traccia più rilevante per durata e costruzione del disco. Con i suoi diciotto minuti carichi di altalenante tensione magistralmente modulata attraverso un minuzioso lavoro di incastri e sovrapposizioni di coltri sintetiche e frammenti acustici , “Bird Mother” si erge come ambizioso nucleo narrativo di cui gli ulteriori atti rappresentano una breve eco. L’intero spirito del lavoro è perfettamente condensato in questo granitico magma finemente cesellato a cui i dilatati vocalizzi che ne segnano l’incedere conferiscono un tono teatralmente oscuro e dolente. Su una dimensione decisamente più scarna e strutturalmente meno elaborata si muovono le irregolari pulsazioni di “Mating Call”, i crepitanti e obliqui riverberi di “Two Little Sparrows Sitting On A Bough And Waiting For Enlightenment” e “Tittle-Tattle Among Secret Devices” e gli ossessivi e distorti rintocchi della conclusiva “The One With The Iron Beak”.
Spirale avvolgente tra indefinite visioni prive di esatta collocazione temporale.
[…] cinque anni dalla pubblicazione di “the uncanny little sparrow” – non a caso su Boring Machines, etichetta di riferimento per molte compagini afferenti alla […]
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