francesco giannico & giulio aldinucci “agoraphonia”

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La piazza come cuore pulsante della città, centro di aggregazione che riflette la socialità che insiste su un luogo. Malgrado tutti i cambiamenti che hanno investito il modo di vivere gli spazi pubblici, favorendo l’espansione dei cosiddetti nonluoghi come nuovi contenitori di flusso, questi spazi aperti continuano a rappresentare un importante spaccato della comunità urbana. Partendo da questo presupposto e rielaborando il materiale raccolto attraverso una open call con cui è stato costruito un vero e proprio archivio sonoro di varie piazze dislocate nei diversi continenti,  Giannico e Aldinucci costruiscono un racconto delle vite che si incrociano e delle sensazioni legate all’attraversamento di questi spazi. Il frutto di tale lavoro, presentato lo scorso 9 giugno a Milano sotto forma di installazione audiovisiva che affiancava ai suoni una serie di immagini e videoregistrazioni raccolte attraverso una ulteriore open call, viene adesso pubblicato dalla Dronarivm.

I suoni catturati rappresentano il punto di partenza dal quale i due sound artists italiani dipanano le loro tessiture elettroacustiche che traducono il mero dato oggettivo in una personale narrazione emozionale dalle sfumature sempre differenti. In questo modo i rumori e le voci del Marocco di “Koutoubia” virano gradualmente verso una sospensione del tempo in cui ogni elemento sembra rimanere incastrato e persistente, mentre quelle dell’Argentina di “Plaza De Mayo” vengono temporaneamente cancellate dalle modulazioni sintetiche in un crescendo che sembra divenire rumore bianco, metafora di un possibile processo di alienazione, di annullamento all’interno di una massa. Un’aurea di mistero e tensione invece si spande dalle trame che imprigionano la vita brulicante della Cina di “Shantangjie”, carica emotiva che si allenta decisamente nelle atmosfere placide intrise di suoni naturali e di voci infantili dello scorcio italiano di “Piazza Umberto I”, che sembra venire osservato in modo meditabondo da un punto di vista alto e distante.

Gli oltre diciotto minuti della conclusiva title-track conducono in una ideale Babele in cui tutte le sensazione derivanti da ogni luogo si fondono in una breve sinfonia capace di far convivere le differenti istanze in un vortice apparentemente caotico, un’ideale piazza crocevia di tutte le strade del mondo. In un’epoca segnata da conflitti e divisioni “Agoraphonia” suona come un inno al superamento degli attriti e alla pacifica convivenza.

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