de ponti / moretti “Echoing ‘Calce’ – live at Euphorbia – Bologna, 31 Ottobre 2016”

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Fin dalla sua genesi “Calce” è stato più di un semplice progetto sonoro. Ideata per essere innanzitutto un’installazione audiovisiva, l’opera scaturente dall’incontro artistico tra Stefano De Ponti e Nina Haab è divenuta una pubblicazione multidisciplinare che al disco affiancava un libro d’arte. Tra i musicisti coinvolti nella produzione troviamo il poliedrico percussionista Elia Moretti, che insieme a De Ponti è divenuto artefice della trasposizione live non del disco, ma del suo processo creativo. La tappa del tour ospitata lo scorso ottobre all’Euphorbia di Bologna diventa adesso una release digitale, curata da Manyfeetunder, testimonianza di un nuovo step evolutivo di “Calce” che ne conferma l’essenza di organismo in costante mutazione.

Alla base degli oltre quaranta minuti della performance ritroviamo gli stessi elementi generativi del progetto iniziale, rimodulati in un intenso e fluido dialogo fatto di improvvisazioni elettroacustiche che si dipanano libere seguendo una struttura sinestetica predefinita, vero e proprio canovaccio visivo capace di dare ordine alla fervida creatività dei due musicisti. La sensoriale matericità della variegata tavolozza di suoni di De Ponti trova nuova linfa e ideale completamento nelle trame percussive di Moretti, che costruiscono intrecci vibranti e progressioni dinamiche incastrate attraverso un attento lavoro di contrappunto che evidenzia la formazione free jazz dell’artista lombardo. L’aleatorietà determinata dalla componente improvvisata del flusso conferisce allo stesso un’ampliata capacità immaginifica libera di riverberare in tessiture dilatate ricche di sfumature e dettagli.

Un viaggio emozionale attraverso paesaggi complessi e carichi di fascino, scaturenti da una sinergia profonda tra due autori che hanno saputo ampliare i propri orizzonti attraverso il confronto artistico. Non ci resta che attendere un nuovo capitolo che segni un’ulteriore approfondimento di questo fortunato incontro creativo.

http://depontimoretti.tumblr.com/

christine ott “tabu”

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Fluida e viscerale scorre la materia sonora plasmata da Christine Ott per divenire sonorizzazione dell’appassionata vicenda narrata in un film muto degli anni trenta. Non un semplice commento a margine  delle potenti immagini dell’opera di Murnau e Flaherty, ma vera e propria trasposizione musicale delle emozioni che da esse si sprigionano. Un lavoro nato nel 2012 ed eseguito spesso dalla talentuosa artista francese come cine-concerto che adesso pubblicato come disco dalla Gizeh Records per la serie Dark Peaks.

L’elemento che maggiormente ispira e regola la sequenza delle diciotto tracce è l’acqua, presente nel film sotto diverse forme che animano il paesaggio della storia ambientata a Bora-Bora, determinando partiture di pianoforte spesso estremamente sciolte e dall’incedere quasi torrenziale (“First chapter – Paradise”,  “Course vers la mer”, “Le Sourire de Matahi / Consolation (Variation I)”), che si caricano di profondo pathos quando riverberano di toni profondi e inquieti (“Mandat d’Arrêt / La Perle”, “Hitu’s Shadow”). Tutto vira verso atmosfere intrise di maggiore stupore e magia quando al centro delle composizioni appare l’onde Martenot con le sue trame più oscure e sfuggenti (“Hitu, La Grande Montagne”, “Rêve & Perle Noire”) generando una costante alternanza che segue il ritmo degli accadimenti narrati dal film, conducendo fino alla vorticosa e trascinante chiusura affidata a “Tempête / The Tabu”, brano una cui rielaborazione era già inserita nel meraviglioso “Only silence remains” che la Ott ha pubblicato alcuni mesi fa sempre per la label inglese.

Non è certo un mistero che Christine Ott abbia una profonda passione per le immagini, amore che in “Tabu” viene ampiamente e virtuosamente dichiarato attraverso la costruzione di un viaggio che di per sé genera un racconto coinvolgente ed emozionante.

the star pillow / larkian “the star pillow / larkian”

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Siderali e fluttuanti ambientazioni  definite a partire dal suono della chitarra rimodulato ed espanso fino a perdere gradualmente il suo punto d’origine. Quello tra Paolo Monti (The Star Pillow) e Cyril Monnard  (Larkian) è un incontro tra due artisti che a partire da presupposti simili giungono a risultati diversi ma coerenti , pienamente evidenziati  in questo lavoro condiviso che uscirà il prossimo 23 dicembre in cassetta a cura della svizzera Dead Vox.

 

The Star Pillow

Paolo Monti, reduce da un anno fecondo di pubblicazioni individuali e condivise, occupa la sua metà proponendo due tracce dal forte impatto evocativo pienamente aderenti allo stile del suo progetto sonoro. Più aggressiva sin dal titolo, “Ti brucio la casa” si snoda scandita da minacciose note profonde e riverberanti, in bilico tra la tensione di un duello di un western di Sergio Leone e lo straniamento di un racconto lynchiano. Con “If the sky was burning” si vira verso territori più quieti e meditativi avvolti da vaporose trame che suonano come il perfetto fondale di sogni al tempo stesso inquieti ed accattivanti.

 

Larkian

Le due tracce costruite da Cyril Monnard procedono su trame più ipnotiche ed eteree che si aprono lentamente in finali in crescendo, più ruvidamente granuloso e intenso quello di “May it fill your soul” e maggiormente proiettato verso una graduale smaterializzazione nel caso di “tashkin”. In entrambi i casi resta persistente il senso di sospensione che accompagna il flusso sonoro definito dal musicista svizzero.

 

Da ascoltare fissando il cielo.

 

various artists “eilean [45]”

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Per concludere un nuovo intenso anno di attività, come già accaduto in chiusura del 2015, la francese eilean rec. aggiunge un ultimo punto sulla sua sempre più estesa mappa che raccoglie una traccia inedita di tutti gli artisti coinvolti in questo denso 2016.

Ci si ritrova così a ripercorrere le atmosfere che hanno caratterizzato le pubblicazioni della label francese, sempre più punto di riferimento nel panorama della musica d’ambiente, riattraversandone le multiformi  ed  affascinanti declinazioni proposte dai vari autori. Ci si immerge in questo lungo viaggio a partire dalle tessiture romanticamente contemplative disegnate da Speck in “Echoes”, le riverberanti stille armoniche cesellate da øjeRum in “Needle-shaped”, le morbide frequenze di Phi Bui, il caleidoscopico microcosmo di Daniel K. Böhm. Si procede nella navigazione attraverso la sognante melodia del vivido bozzetto tracciato da Jason Van Wyk in “Clouds”, la lieve danza di note eseguita da Wil Bolton in “Waterlines”, la granulosa quiete di Moss Covered Technology , l’intimistica deriva delle modulazioni di Offthesky in “Solitude by vision”, i fremiti irregolari e obliqui di Omrr e di Florian Von Ameln, il denso crepuscolo modellato da Saenïnvey. La parte conclusiva di questa intensa ricapitolazione si apre con le  vaporose dilatazioni di  “Veeandaar” del trio Zahn | Hatami | McClure  che si riversano nelle pulsazioni ipnotiche definite da Sustainer e passando attraverso le misteriose e concrete sonorità di “Wood fire ash” di Autistici e le eteree persistenze di Chris Dooks giungono alla chiusura  affidata alle sognanti aperture di “11” della coppia E and I.

Riassaporata la feconda  ispirazione che ha definito questa nuova tappa rimaniamo in attesa di poter godere delle nuove narrazioni di questo meraviglioso progetto condotto da Mathia Van Eecloo.

philippe lamy & MonoLogue “blu deux”

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Frementi traiettorie cariche di nervosa tensione, pronte a deflagrare all’improvviso generanno paesaggi sonori in rapido e repentino mutamento. Dà vita ad un universo affascinante e tutt’altro che immediato l’accattivante sinergia sprigionata dalla collaborazione a distanza tra Philippe Lamy e Maria Rosa Sarri qui sotto l’alias MonoLogue .

“Blu Deux”, pubblicato dalla danese Phinery, è una peregrinazione estraniante attraverso alchemiche strutture fatte di suoni  ribollenti come magma incandescente. Dalle iniziali pulsanti screziature di “Les merveilleuses aventures de il suono misterioso (Hours D’oeuvre)” fino alle distorte e liquide modulazioni di “Il tuo mormorio colora le temps (Dessert)” il percorso alterna granulose e placide tessiture che procedono in sordina a strabordanti e vorticose spirali pirotecniche costruendo un equilibrio apparentemente caotico e privo di riferimenti. Assorbire in tutta la loro immaginifica forza le materiche ed irregolari trame di tracce quali “Les yeux de mezzanotte” presuppone una capacità di abbandono alla deriva sonora priva di reticenze e libera da qualsivoglia preconcetto.

È un flusso dal quale lasciarsi catturare e condurre, un susseguirsi di taglienti frammenti  riverberanti e colori violenti.

 

balestrazzi / monti / quiriconi “daimon”

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Densa, spettrale e avvolgente fluisce la materia sonora scaturente dall’incontro artistico di Simon Balestrazzi, Paolo Monti e Nicola Quiriconi. DAIMON, progetto audio visivo che li riunisce, è una lunga narrazione in cinque atti costantemente in bilico tra elementi di una quieta quotidianità richiamata dalle riprese ambientali che riverberano lungo tutto il lavoro e una persistente vena di inquietudine che si insinua in essa. Tre personalità differenti che si muovono su un campo d’azione comune costruendo un percorso coeso dalle diverse sfumature.

L’inquietudine che serpeggia tra i granulosi fondali dronici screziati da elettriche frequenze di “A call” si riversa senza soluzione di continuità nelle atmosfere più oscure e gravide di “He’s seeing you” prima di sciogliersi temporaneamente nelle sognanti e calde trame di “Take the telescope and go”, traccia centrale e apice del racconto, che lasciano emergere in filigrana evanescenti fremiti lisergici che perfettamente si combinano all’eco barrettiana del titolo. Da qui in poi tutto diviene più cupo e notturno, scandito dalle essenziali e algide modulazioni di “Almost blind” che conducono alla placida chiusura dei misteriosi riverberi di “By this basement”.

Non c’è spazio per pause e divagazioni lungo il tragitto, il suono procede magnetico e avvolgente costruendo un immaginario totalizzante e vivido in cui immergersi senza scampo.

lorenzo balloni “創生の最果て (The farthest ends of creation)”

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Una quieta peregrinazione attraverso paesaggi mutevoli narrata con un unico lungo piano sequenza. L’esordio discografico di Lorenzo Balloni per la Murmur Records è un flusso in costante divenire modellato utilizzando un’efficace sintesi di suoni sintetici e riprese ambientali capaci di concretizzare vividi e tangibili scorci urbani.

Un riverbero di vaporosa luminosità introduce gradualmente verso ambientazioni più animate da cui emergono voci e suoni di ciò che si incontra lungo il percorso. Avanzando, le morbide e fluenti persistenze droniche sfumano lasciando spazio ad un microcosmo di suoni concreti e screziature scandite dal rumore di elementi naturali quali la pioggia e il vento che rendono ancor più tattile l’esperienza, che nel finale converge verso atmosfere più misteriose e notturne.

Una mappatura sonora certamente ben costruita, un cortometraggio sinestetico da assaporare in ogni sua sfumatura.

brave timbers “secret hopes”

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Ci hanno regalato uno dei dischi più belli di questo 2016 i Brave Timbers, un lavoro profondamente ispirato nato dalla fusione del talento di Sarah Kemp, ideatrice del progetto, con quello del polistrumentista Andrew Scrogham. Un album dalla bellezza talmente cristallina da non trovare completamento ultimo in se stesso, divenendo varie volte punto di partenza per ulteriori varianti. Ecco quindi, dopo il disco di rimodulazioni dei brani che accompagnava la pubblicazione di “Hope”, l’arrivo di questo nuovo tassello sempre generato dalla medesima fonte.

“Secret Hopes”, pubblicato da sound in silence, raccoglie versioni alternative di cinque degli undici brani di “Hope” realizzate seguendo ed espandendo l’invito della radio australiana ABC di realizzare un paio di tracce per un loro show radiofonico. Realizzate con una strumentazione minimale le rielaborazioni costruiscono un microcosmo ancor più sognante ed evanescente , un flusso di delicato impressionismo che espande la sensazione di placida calma che già profondamente caratterizzava composizioni quali “Stillness” e “Swimming In The Isar”. In coda ad esse si collocano due inediti, “Coming Up For Air” e “From A Mountain” composti durante la lavorazione dell’album pubblicato ad inizio anno e che certamente avrebbero meritato di farne parte, a completare questo nuovo percorso parallelo di un’opera che non smette di stupirci per la meravigliosa poesia che ne scaturisce.

π∆ππ “selected piano works”

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Otto istantanee crepuscolari  all’insegna di un essenziale pianismo emozionale segnano il debutto di π∆ππ  per Shimmering Moods Records. Scritte nell’arco di tre giorni in un bunker sotterraneo berlinese, le tracce fluiscono manifestando la loro immediatezza compositiva attraverso scarne partiture di note che riverberano come gocce di pioggia che si infrangono su un freddo davanzale.

L’atmosfera pur mantenendosi costantemente malinconica vira brano dopo brano verso sfumature differenti, a volte più inclini ad uno spettrale intimismo algido (“Copy”, “This Lonesome Man”) o a un quieto romanticismo (“My Cold Warm Heart”) fino a giungere ad inaspettate aperture di sorridente leggerezza umorale (“Myth”).

È un ventaglio ampio di sensazioni quello definito dai poco più di trenta minuti di “Selected Piano Works”, esordio che ci segnala la presenza di un nuovo autore nell’universo sempre più ampio del minimalismo neoclassico.

la petite vague “remous”

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Un mare algido e inquietantemente calmo, atmosfere di abbagliante e sinistra luminosità. È denso di fascino e mistero l’esordio su supporto fisico, pubblicato da Whitelabrecs, del duo costituito da Nicola Fornasari e Diego Balconi attivo fin dal 2012.

In “Remous” si naviga attraverso scorci acquatici costruiti attraverso la manipolazione e rimodulazione di libere improvvisazioni a base di suoni concreti e stille melodiche derivanti dall’utilizzo di svariati strumenti, fusi in una sintesi ricca di dettagli e sfumature. Il viaggio comincia da “Vague#9”, il capitolo più lungo e strutturato del lavoro, lenta e cullante deriva in cui ogni singolo riverbero suona come un aggettivo fondamentale per poter assaporare appieno il racconto. Da qui in poi le tracce si fanno più brevi senza però perdere nulla dell’atmosfera vivida generata dall’affascinante incipit. A tratti più teso ed enigmatico (“Vague#7”, “Vague#6”) o più rarefatto e risonante (“Vague#5”, “Vague#8”) il flusso procede con immutato ed avvolgente magnetismo trasportando lungo un tragitto di emozionale esplorazione.